5 giugno 2012

La verità è strumento del potere o il potere teme sempre la verità?










Riporto qui di seguito (con minime variazioni e aggiustamenti) passaggi essenziali del dibattito tra Gianni Vattimo e Franca D'Agostini, da me già richiamato in un precedente post. Ritengo molto istruttivo riflettere su queste tesi e argomentazioni contrapposte per mettere a fuoco la situazione attuale della filosofia. Mi pare si possa riassumere il nodo centrale dicendo che Franca D'Agostini ritiene necessario che la filosofia si riappropri del proprio compito di teorizzazione sui fondamenti (teorizzazione non rigida, ampia, mobilizzante, critica, fluidificante... ma pur sempre teoria), mentre Vattimo sembra abbandonare il terreno della teoria e sembra intendere la filosofia più come strumento critico-nichilistico che sostenga e promuova una prassi "rivoluzionaria", secondo una ripresa della polemica marxiana contro la teoria pura.
Nell'illustrazione ho messo Russell prima di Marx perché D'Agostini dichiara a un certo punto il suo ricollegarsi alla difesa della concezione realistica della verità da parte di Russell contro le critiche che venivano mosse a tale concezione agli inizi del Novecento (da punti di vista pragmatisti e coerentisti).



V: Per Heidegger, nel saggio sull'essenza della verità (1930), considerare l'essere come OGGETTO, COSA, DATO, "ciò che sta lì davanti", è una minaccia per l'essere umano; anche la critica al capitalismo si può formulare come rifiuto della concezione dell'essere come OGGETTIVITA': nel mondo in cui l'essere vero è oggettività tutti noi siamo o funzioni dell'oggettività o funzioni dell'economia ecc. La domanda scettica vera non è "qual è la verità?", ma "chi lo dice (che cosa è vero)?" Non c'è mai un enunciato neutro, nel rapporto dell'uomo col mondo, perché l'uomo parla sempre da un punto di vista... Enuncio una proposizione come vera dal punto di vista di un sistema paradigmatico che mi unisce a una comunità... Non è che è vero ciò che conviene a me, ma è vero ciò che è buono per NOI.

D'A: Sì, ma Heidegger in realtà non rinunciava alla verità come adequatio; il vero problema sollevato da Heidegger non riguardava la verità, ma l'essere, la concezione dell'essere. Allora io dico: se noi ampliamo la nostra metafisica, adottiamo una metafisica ampia, molto permissiva, che implica molta POSSIBILITA', se noi apriamo la nostra logica alle logiche non classiche, allora non avremo più problemi nei confronti della verità. Il punto del "Chi lo dice?" riguarda il fatto che se io mi fermo a sostenere che è vero ciò che dice il papa in quanto è il papa o che è vero ciò che dice la scienza in quanto è la scienza io non sto parlando di verità ma sto parlando di POTERE. Chi si lascia ammazzare per la verità (i martiri) o chi ammazza per la verità (i fanatici) ammazza in realtà per qualcosa d'altro, ammazza per il potere. Il più grande nemico della verità è il potere

V: Se volessimo opporre il potere alla verità dovremmo stabilire che c'è un CHI che dice la verità che non è né il papa, né il re, né... ma non sappiamo chi sia!

D'A: Ma a me non piace neanche il NOI, se prende il posto del papa o del re: noi potremmo avere torto marcio, noi potremmo essere la mafia

V: Ci sono una quantità di elementi nel mio argomentare che non hanno niente a che fare con i dati di fatto; assumere il "come stanno le cose" come modello di ogni tipo di verità è un errore che io lego anche all'oggettivazione così come la legge Heidegger, o Marx. La verità dell'interpretazione non è il sostenere : "è così!", ma il raggiungere un accordo attraverso un dialogo. Io dico A, tu dici B e dopo avere variamente argomentato ci accordiamo. Come abbiamo argomentato? Guardando come stanno le cose? Non diciamo sciocchezze: abbiamo argomentato in base ai libri che abbiamo letto, in base alle convenienze sociali dell'epoca, in base alla nostra origine...


D'A: Usiamo i libri, la stipulazione eccetera, sì certo, ma cosa ci dicono i libri?
Ci danno una certa versione della realtà, ci ridescrivono come le cose stanno, o come le cose dovrebbero stare se le cose andassero meglio; come dovrebbe essere fatto il mondo se fosse un mondo più gradevole per noi. Questa è ancora una verità intesa in senso realistico.

V: Ma è una verità che non si basa su fatti ma su desideri, progetti...

D'A: Ma i mondi possibili sono mondi! E i mondi possibili sono costruiti a partire dal nostro mondo. Non posso ragionare in termini di possibilità se non partendo dalla fattualità, cioè da quello che vedo. Come posso ragionare sulla possibilità di una rivoluzione proletaria se non ho già guardato come stanno le cose qui e ho detto "questo è da correggere, questo va cambiato..."?

V: Ma vuoi cambiare qualcosa nella situazione perché ci stai male, non perché vuoi sapere come stanno le cose! Non c'è nessuna visione disinteressata della realtà!"

D'A: Io guardo la realtà così com'è, vedendo che per una seria di circostanze fattuali che interagiscono fra loro non funziona, non mi sta bene...

V: Ma non vanno bene a TE o ai tuoi AMICI, non "NON FUNZIONANO", è questo il punto!

D'A: Non è che la normatività implichi qualcosa di non fattuale: implica un certo LAVORO sulla fattualità e una metafisica ampia, che tenga ampiamente conto della possibilità, della necessità, della contingenza eccetera.
Non dobbiamo lasciare la verità ai dogmatici, rinunciandoci perché "è troppo difficile, ci sono sempre implicazioni di potere eccetera", come fa Rorty, perché se la lasciamo ai dogmatici noi restiamo senza verità e questo è autodistruttivo.
La verità non va lasciata ai dogmatici ma va conservata ai nichilisti e agli scettici: a quelli che MOBILIZZANO la verità, quelli che impediscono che la verità diventi potere e quindi non più verità, perché per definizione il potere non ti dice come le cose stanno, anzi teme la verità: il potere non democratico si serve sistematicamente della menzogna. Riportare la verità agli scettici e ai nichilisti, che mobilizzano l'essere, la logica, il vero. Ma mobilizzare l'essere e la verità non significa che non c'è essere o non c'è verità, anche perché se uno fa finta che non ci sia la verità si trova poi dietro le spalle uno che gli dice "la verità sono io".

V: Ma non accetto l'idea di "metafisica più ampia", perché sembra sempre rimandare alla nozione di filosofia come costruzione di un panorama adeguato, completo, una filosofia descrittiva che non mi interessa

D'A: Ma  io parlo di metafisica permissiva, non di metafisica omnicomprensiva!

V: Ma tu non dovresti parlare di "metafisica"!

D'A: Ma intendo per metafisica semplicemente concezione dell'essere: anche Heidegger faceva metafisica, in questo senso, quando criticava la concezione oggettivante dell'essere.

V: Il punto mi sembra allora che se vogliamo pensare alla verità non in termini di potere dobbiamo pensarla come una forma di anarchismo continuativo che decostruisce piuttosto che costruire: continua decostruzione delle pretese di potere della verità. Questo corrisponde molto bene fra l'altro alla situazione politica della sinistra esistente: se il riformismo prende il potere diventa una schifezza.

D'A: Il potere tende ad appropriarsi degli strumenti della filosofia (i concetti di verità, essere, bene eccetera); per questo la filosofia deve riprenderseli.

V: Ma nessun filosofo ha mai costretto il papa ad ammettere che aveva torto: soltanto quando hanno bombardato il Vaticano è successo; e tu invece con questa storia che bisogna riappropriarsi dei fondamenti costruisci solo dei nuovi libri di filosofia, di cui al papa non importa nulla.

D'A: Ma per credere a quello che tu dici, cioè che tutto sia potere, devo pensare che sia VERO quello che tu dici. Ma perché tu chiedi a noi di credere che le cose stanno così: che è solo questione di potere?

V: A me interessa che voi partecipiate alla mia stessa lotta.

D'A: E se si scopre che la nostra lotta è sbagliata? Si continua lo stesso?

V: Ma "sbagliata" cosa vuol dire, se la condividiamo? E' come se tu dicessi: è bene che il sovrano dia la costituzione, e poi scrivi diversi libri per sostenere questo. Ma fino a che non vengono i contadini con i forconi sotto le finestre del sovrano lui se ne infischia! Tu dirai: ma i contadini avevano letto i libri. Ma io dico: più probabile che i contadini reagissero a una situazione insopportabile.

D'A: "Sbagliata" vuol dire che ci può essere un'evidente falsità, come "gli ebrei sono un pericolo per il popolo tedesco", che in certe circostanze viene creduta da un'intera comunità.




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