16 gennaio 2016

Rampini sul valore della fantascienza

lunedì 4 gennaio 2016


Se la fantascienza dà lezioni di politica




Verne, Wells, Bradbury... Da sempre dalla letteratura più visionaria si misura la maturità delle nazioni. Ecco perché oggi Obama legge il cinese Liu Cixin

Federico Rampini

"La Repubblica", 4 gennaio 2016

La fantascienza cinese aiuterà Barack Obama a districarsi nelle sfide geopolitiche del 2016? Il presidente americano forse non immaginava che la fine delle sue vacanze avvenisse in circostanze così brutali, con l’improvvisa escalation di tensione tra Iran e Arabia saudita. Sapeva però che l’ultimo anno della sua presidenza non sarà una tranquilla passeggiata: alla vigilia di Natale un sondaggio della Cnn gli ha ricordato che la maggioranza degli americani considera negativo il bilancio della sua politica estera. Forse per cercare ispirazione, Obama si era portato in vacanza una lettura sorprendente: un best-seller di fantascienza cinese. È The Three-Body Problem di Liu Cixin. È anche un romanzo di fantapolitica. Quando i giornalisti al seguito del presidente nelle Hawaii lo hanno scoperto, la notizia ha fatto il giro del mondo. Provocherà un balzo di vendite e di notorietà per un autore fin qui noto soprattutto in Cina? Di certo segnala qualcosa d’interessante nei rapporti Usa-Cina, la vera sfida di lungo periodo per la leadership planetaria, che per forza sarà anche basata sull’egemonia culturale.
52 anni, formazione scientifica, Liu Cixin ha lavorato come ingegnere informatico in una centrale elettrica dello Shanxi. Scoperto dal pubblico cinese nel 1999, ha dovuto attendere altri 15 anni prima che uscisse una traduzione inglese. Ma questa è stata subito coronata dal successo di critica, vincendo nel 2014 il prestigioso Hugo Awards della World Science Fiction Society. È la prima volta che questo premio di fantascienza è andato al romanzo di un autore asiatico. Un segnale da non sottovalutare. In Italia alcuni si ostinano a considerare la fantascienza un genere letterario minore nonostante che grandi scrittori abbiano voluto cimentarvisi, da Italo Calvino a Primo Levi. In realtà lo sviluppo della fantascienza si può considerare come un misuratore di “maturità” delle nazioni. I capolavori di questo genere sono spesso fioriti negli stessi luoghi dove avveniva il progresso tecnico, lo sviluppo economico, e questo si accompagnava alla costruzione di imperi: militari, coloniali, industriali, culturali.
Jules Verne e H.G. Wells sono ricordati più spesso per le loro capacità “profetiche”, ma sono anche due autori tipici di un’epoca in cui Francia e Inghilterra dominavano vasti continenti; le loro classi dirigenti impregnate di positivismo e di darwinismo avevano un’enorme fiducia nel progresso tecnico-scientifico. Verne esprime la Francia di fine Ottocento tanto quanto la Tour Eiffel e l’Expo universale di Parigi. Fu letto e ammirato dai potenti del suo tempo, da papa Leone XIII all’imperatore tedesco Guglielmo II. Rimane tuttora l’autore francese più tradotto nel resto del mondo. Wells, pacifista e socialista, rappresenta la coscienza critica dell’Impero britannico e invoca un superamento dei nazionalismi, verso un governo mondiale. L’ascesa degli Stati Uniti nel “secolo americano” porta con sé nuove generazioni di scrittori di fantascienza, come Arthur C. Clarke e Ray Bradbury. Si va dall’apoteosi delle avventure della Nasa (2001 Odissea nello Spazio) fino alle visioni più apocalittiche, “distopiche” e post-moderne di Philip Dick. Nella guerra fredda non può mancare l’altra superpotenza, quell’Urss che batte l’America proprio nei primi capitoli dell’avventura spaziale, con l’astronauta Gagarin. La fantascienza russa fin dagli albori ha la sua variante satirica o distopica, con uno scrittore come Mikhail Bulgakov che la usa per criticare lo stalinismo. Genera capolavori del cinema come Solaris Stalker di Andrei Tarkovski, capaci di conquistare anche il pubblico occidentale. A cavallo tra le due superpotenze di allora c’è l’emigrato Isaac Asimov, ebreo russo la cui famiglia fugge negli Stati Uniti quando lui ha solo tre anni.
La Cina dunque arriva a sua volta all’appuntamento obbligatorio con la fantascienza. Ma è utopia o distopia, quella saga di Liu Cixin che ha catturato l’attenzione di Obama? Nella sua Trilogia dei Tre Corpi (di cui arriverà a luglio l’adattamento cinematografico), gli abitanti di un mondo tri-solare hanno imparato a sopravvivere nell’alternarsi di Età Stabili e di Età del Caos: cicli storici che avevano determinato il collasso e l’estinzione di molte civiltà prima di loro. È interessante l’antefatto originario. Tutto ha inizio con la Rivoluzione culturale, quella guerra civile (non dichiarata) che sconvolse la Cina nell’ultimo periodo della leadership di Mao Zedong: una tragedia che in un certo senso rappresenta il “parto traumatico” della Cina contemporanea. Pur senza avere mai fatto fino in fondo i conti con le responsabilità della leadership comunista nella Rivoluzione culturale, è dalla condanna di quell’esperimento che nasce la nuova Cina capitalista e globalizzata di Deng Xiaoping. Nei romanzi di Liu Cixin una donna scienziata, traumatizzata dalle violenze delle Guardie Rosse maoiste, lancia verso lo spazio un messaggio di Sos., ricevuto dai Trisolari. I quali partono alla conquista della terra per portarci la loro civiltà superiore. Se fosse questo il messaggio che affascina Obama, sarebbe una conferma del suo lucido pessimismo: una governance globale che risolva i conflitti del nostro tempo esula dalle capacità di noi umani? In realtà la fantascienza raramente ci offre delle soluzioni, più spesso è un indicatore efficace di quelli che noi avvertiamo come i nostri maggiori problemi. È probabile che Obama dentro la saga di Liu Cixin cerchi dei lumi sull’interpretazione cinese del mondo contemporaneo. Il romanziere con la sua fantasia creativa può aprire una porta laterale dentro il mondo impenetrabile di Xi Jinping, il leader che sta cercando di traghettare la Cina verso un nuovo ruolo e un nuovo modello di sviluppo. Da quando Obama inaugurò la sua presidenza nel 2008 annunciando un “pivot” verso l’Asia, almeno questa convinzione non lo ha mai abbandonato: anche se il Medio Oriente cattura la nostra attenzione immediata, il XXI secolo si giocherà lungo l’asse Usa-Cina, sia che prevalgano le ragioni della cooperazione o quelle della rivalità.