24 maggio 2018

L'oblio dei problemi nelle discussioni tra le filosofie






« [...] come si sa, nulla è più facile che scambiare i nomi con le cose e trasformare l’uso puramente strumentale del linguaggio in un feticcio. Questo del resto non è rischio che corra soltanto il fenomenologo. Sembra anzi che questo sia il destino di molte delle discussioni odierne tra le filosofie, quando l’unico problema sembra essere quello di controllare se una certa filosofia abbia le carte in regola con un’altra filosofia. Sarà questa, nel caso migliore, una verifica tra principi veri o presunti, ma per lo più, quando si resta sul piano delle filosofie e non si scende sul terreno dei loro problemi reali, si tratterà di una verifica di linguaggi e di terminologie. Si finisce così di parlare delle parole delle filosofie, invece che di ciò di cui parlano le filosofie. Va da sé che si tratta, quasi sempre, di parole al vento.»

Queste parole di Giovanni Piana, nel suo I problemi della fenomenologia (1966/2000) mi sembrano estremamente lungimiranti e acute. Spesso le dispute tra filosofi "nemici" non si giocano sul confronto fra chi offra soluzioni migliori a problemi comuni, ma su quali priorità dare nel campo filosofico, su quale sia il punto di vista migliore eccetera. Si finisce però, in questo modo, per scordare che c'è un terreno comune delle filosofie, che è il campo dei problemi della filosofia, si finisce per scordare che i problemi filosofici hanno un tratto comune, che è quello di essere tutti collegati; quindi ci si scorda che c'è di fatto un canone condiviso della filosofia, al di là delle epoche storiche e al di là delle scelte su quali priorità dare ai problemi: il canone problematico, cioè l'insieme dei problemi nel loro essere collegati fra di loro in una struttura mobile, che muta al mutare dei punti di vista, ma ha una sua permanenza, una sua costanza che fa della filosofia un fenomeno del quale è possibile narrare una storia.